venerdì 27 novembre 2009

Per le vie di Asolo, sogno d'arte e poesia, memorie e bellezza

Emozioni e memorie fra storia e paesaggio
Abitata fin dal IX sec. a.C., in epoca romana Asolo divenne municipium con il nome di Acelum. Nell’Alto Medioevo la città entrava a far parte della giurisdizione del Vescovo di Treviso, il quale abolì l’antica usanza di celebrare le messe col suono dei tamburi; in seguito, nel Quattrocento, si impose la dominazione veneziana, che coincise con un periodo di grande splendore: alla fine del secolo, l’ex regina di Cipro Caterina Cornaro creò attorno a sé una sfarzosa corte rinascimentale, richiamando artisti e letterati di grande prestigio e arricchendo così Asolo di splendidi monumenti: fra i personaggi più illustri vi fu Pietro Bembo, che qui scrisse, appunto, gli "Asolani". A due passi dall'urbanizzata pianura veneta, oggi Asolo si presenta come una sorta di inaspettato sogno "ad occhi aperti", uno scrigno ricolmo di goielli, immerso nel verde dei Colli Asolani, in un paesaggio che a tratti riporta alla mente i dipinti dei pittori del Cinquecento. Un Rinascimento qui mai terminato, se è vero che nei secoli la bellezza della cittadina e del suo paesaggio attrassero altri grandi artisti, scrittori ed intellettuali quali Palladio, Massari e Canova, o Carducci che definì Asolo «la città dai cento orizzonti», o ancora Manlio Brusatin per il quale essa era una «rara città di case che parlano», forse volendo rappresentare l'esressività profonda emanata dai nobili edifici asolani.
Per le vie del borgo
Considerato uno dei centri d’arte più interessanti della regione, Asolo stupisce per la copiosità delle vestigia del suo passato. L’impronta medievale, tuttora riconoscibile per via delle mura e dell’imponente rocca, che sovrasta l’abitato dall’alto del Monte Ricco, è del resto sopraffatta dal gusto rinascimentale, che caratterizza fortemente un abitato di rara raffinatezza. Gli itinerari di visita ad Asolo sono molti e non è possibile tracciarne uno solo, in quanto la ricchezza dei monumenti riserva soprese continue al visitatore, inducendolo spesso a non rispettare un percorso prestabilito. In ogni caso, un punto di riferimento fondamentale risulta senz'altro la Piazza Garibaldi, cuore pulsante della città, luogo d'incontro per tutti gli Asolani, “salotto” emblematico della sana e serena vita di provincia. Nello slargo spiccano una fontana cinquecentesca con il Leone di San Marco, a ricordo della felice dominazione della «Serenissima» (da queste parti è ancora vivo il detto: «Asolo è Venezia e Venezia è Asolo»), il Palazzo della Ragione (sede amministrativa dell'Asolo rinascimentale, attualmente sede del Museo Civico, con all'interno la Sala della Ragione e sulla facciata un affresco del Contarini), e soprattutto la bella Cattedrale, che conserva nella facciata l'originario abito romanico e all'interno svariate opere d'arte, fra cui un'Assunta di Lorenzo Lotto (1506). Dopo una sosta nella graziosa piazza, si può far riferimento ad alcune specifiche vie cittadine, che costituiscono di per sé itinerari di visita piuttosto omognei ed ordinati e su cui si affacciano ediifici di grande interesse: Via Browning (una delle vie più eleganti di Asolo, con Palazzo Polo, Casa Tabacchi, Fontanella Zen e Villa Stark), Via Bembo (utile per visitare le mura e per salire alla rocca, da cui vastissimo panorama), Via Regina Cornaro (stretta fra schiere di palazzi quattrocenteschi affrescati e porticati, con il Castello della Regina, oggi Teatro Duse, e la Torre Civica), Via Canova (con Casa Duse, Casa De Maria, la Chiesa di Santa Caterina e, nelle vicinanze, Palazzo Pasquali, con lapide che ricorda il soggiorno di Napoleone, Villa de Mattia e la cosiddetta Casa Longobarda) e Via Dante (con l'ex Monastero di San Pietro, appartenuto ai benedettini). Altre architetture degne di nota sono inoltre Villa Contarini, sul Colle degli Armeni, Villa degli Armeni, ornata da affreschi cinquecenteschi, la Chiesa di Sant'Anna e la duecentesca Chiesa di San Gottardo, entrambe con affreschi, ed il cimitero storico, con la Tomba di Eleonora Duse, attrice amata da D'Annunzio, e la Tomba di Freya Stark; in Piazza Brugnoli sono invece Villa Scotti-Pasini e i resti dell'acquedotto romano detto “La Bot”.
Le leggende della Asolo "segreta"
Asolo è anche città di misteri e leggende, nonché di eventi drammatici: pochi conoscono questo lato oscuro della cittadina, che, insospettabile, si cela dietro all'apparente serenità ed amenità di palazzi, chiese e paesaggi. Ed è innanzitutto la rocca, che si erge solitaria e maestosa, come fosse ormai lontana dalla vita degli Asolani, a celare parte di questi arcani. Comunemente additata come una costruzione medievale, le sue origini secondo alcuni studiosi locali sarebbero tutt'oggi piuttosto incerte, e molti, stando all'antichità della stessa Asolo, le hanno attribuite ad un tempo remoto, precedente all'epoca romana, e riferibile alla popolazione degli Euganei. In realtà dalle fonti si è stabilito che prima della fortezza sulla collina si trovava una chiesetta alto-medievale, ma quel che resta nella memoria degli Asolani sono i vari, strampalati racconti popolari, come quello secondo cui un contadino un giorno vide nei pressi della rocca un gallo (!) deporre uova nere da cui sarebbero fuoriusciti orribili diavoletti, oppure un'altra favola, incredibilmente radicata fra gli Asolani, che parla di una "capra d'oro" sepolta fra la rocca e la cinta muraria, e cui furono perfino dedicati recentemente degli appositi scavi “archeologici”... Ben più interessante invece la leggenda che parla di un passaggio segreto sotterraneo che metterebbe in comunicazione la “fortezza superiore” non solo con il Castello della Regina, che nel Medioevo era la “fortezza inferiore”, ma addirittura anche con l’amata e prodiga Venezia! Un'ultima diceria, fattasi sempre più largo nel tempo, parla poi di una presenza catara ad Asolo, nel contesto di un più vasto movimento ereticale attivo nel Medioevo fra Vicenza e Treviso. Tale teoria sarebbe supportata dal periodo della signoria di Ezzelino da Romano, quest'ultimo noto simpatizzante della complessa ed affascinante dottrina dei Catari. Pare che in seguito furono i Francescani a contrastare quest'eresia ormai dilagante nelle piazze asolane, come attesterebbero, pur in maniera simbolica, alcuni affreschi presenti in un antico convento fondato secondo la tradizione dallo stesso Poverello di Assisi e dedicato a San Michele Arcangelo. Un fatto non misterioso, ma tragicamente reale, riguarda infine una piccola comunità ebraica qui stanziatasi in Via Belvedere e trucidata nel 1547.
Enogastronomia, artigianato ed un’insolita rievocazione
Asolo offre spunti eccezionali anche agli appassionati dell’enogastronomia. Tra caffè, enoteche e botteghe artigiane, una lenta passeggiata per le vie della cittadina si rivela come un momento di grande relax, alla scoperta di tradizioni e saperi che qui, a differenza di altrove, non sono andati affatto perduti. Si possono così apprezzare e conoscere le diverse produzioni locali e più in generale del territorio dei Colli Asolani come ad esempio il mais bianco perla, il formaggio Morlacco, il formaggio Bastardo e il Biso (“Pisello”) di Borgo del Grappa, i fagioli nani di Levada, le mele di Monfumo, l'olio della Pedemontana ed il miele del Grappa, le ciliegie di Maser e, non ultimi, vini pregiati come il Merlot, il Cabernet, il Prosecco, lo Chardonnay e il Pinot. Asolo in particolare vanta la produzione del vino doc “Montello e Colli Asolani”. Una meta di grande fascino, insomma, che come poche sa unire arte, storia, paesaggio, enogastronomia e tradizioni antiche, quest'ultime testimoniate, per concludere, dall'ormai famoso Palio di Asolo (terza domenica di settembre), preceduto da un corteo storico, in cui le sei contrade di Asolo (Asolo, Casella, Villaraspa, Villa d'Asolo, Ca' Giupponi e Pagnano) si sfidano in un'insolita corsa che consiste nel trainare sino al Foresto Vecchio un'antica biga romana nel minor tempo possibile! La strana manifestazione rievoca e festeggia la presa di possesso della città (10 ottobre 1489) da parte di Caterina Cornaro, posta al governo di Asolo da Venezia: sulla biga infatti si vede infatti una dama, chiamata Regina e scelta tra le ragazze della contrada, la quale simboleggia proprio l'illuminata mecenate. Un evento insomma straordinario, unico nel suo genere e da non perdere assolutamente, magari approfittandone quale speciale occasione per visitare Asolo.
Nei dintorni di Asolo
Il territorio dei Colli Asolani conserva uno dei più suggestivi e caratteristici paesaggi veneti, fra morbide colline in cui si alternato boschi e prati, uliveti e vigneti, e punteggiate da casali ornati da pini e cipressi e da splendide ville palladiane (fra tutte Villa Barbaro) circondate da parchi. In questo scenario incantevole si ha la sensazione spesso di viaggiare in un dipinto, e sono molte le possibilità per assaporarne al meglio l'atmosfera, magari partendo da uno dei molti ed accoglienti agriturismi e bed and breakfast: itinerari a piedi, a cavallo e mountain bike lungo vecchie sterrate o tranquille strade di campagna permettono di immergersi in un mondo ove il tempo pare essersi davvero fermato. Accanto ad Asolo poi, la zona offre altri notevoli centri d’arte, come Possagno, patria del Canova, ed Altivole, con il quattrocentesco complesso del Barco della Regiona Cornaro, deliziosa residenza agreste.
APPUNTI DI VIAGGIO
Come arrivare:

Da est: uscire al Casello autostradale Treviso Nord e prendere Via Montebelluna; da Sud uscire al Casello autostradale Padova Est e seguire Via Castelfranco, infine da Ovest: uscire al Casello autostradale Vicenza Est e poi imboccare Via Cittadella Castelfranco.
Eventi:
Palio di Asolo (terza domenica di settembre)
Fiera del Bestiame (metà mese di Aprile)
Mercatino dell’antiquariato (ogni seconda domenica del mese, escluso luglio e agosto)
Link:
www.misteriasolo.blogspot.com
www.borghitalia.it
www.asolo.it

mercoledì 25 novembre 2009

Fra le antiche mura di Todi: raffinate architetture e panorami incantevoli nel cuore dell'Umbria

Dalla campagna alla città
Situata su un’altura a dominio della media valle del Fiume Tevere, non lontana da Perugia ma in posizione solitaria tra dolci e ondulate colline, Todi conserva ancora piuttosto integro il rapporto con il suo paesaggio agricolo tradizionale, tra i più ameni e caratteristici dell'Umbria. Nata da antichi insediamenti umbri ed etruschi, e successivamente occupata dai Romani, la cittadina ebbe il suo periodo di massimo splendore tra il XIII e il XIV secolo, quando fu avviato un consistente sviluppo urbano. Così Todi, che fino ad allora era stata un piccolo centro artigiano e commerciale, si espanse lungo gli assi delle maggiori arterie del tempo, ossia la Via Amerina e l’Orvietana. Dei quattro borghi originari che la costituivano, sono rimasti il Borgo di Porta Fratta, il Borgo Ulpiano e il Borgonuovo, compresi nella cinta muraria del Duecento. Nella città nacque il poeta Iacopo de’ Benedetti, meglio noto come Jacopone da Todi, al quale nel XIX secolo sono stati dedicati il Teatro e la Piazza omonimi: la figura del grande poeta delle “Laudi” si rispecchia ancor oggi nella vita tuderte, non a caso interessata da numerosi eventi a carattere culturale ed artistico che attirano folle di turisti.
Piazza del Popolo e i suoi monumenti
Il centro storico di Todi, che mantiene un aspetto nettamente medievale soprattutto nella zona alta, regala molte soprese al visitatore. Fra strade, rampe, vicoli e gradinate, tra caseggiati e palazzi nobiliari, si aprono di colpo ampi spazi ove prospettano monumenti talvolta grandiosi: ne è il maggiore esempio la scenografica Piazza del Popolo, sorta ove un tempo era il Foro romano e sopraelevata rispetto al resto dell’abitato. La piazza, che si presenta come un grande rettangolo al quale confluiscono tutti i borghi, è sicuramente una delle realizzazioni più evolute dell'urbanistica medievale umbra. Qui, dal posizionamento degli edifici, si legge chiaramente la contrapposizione dei poteri della città comunale: da una parte il Duomo, affiancato dal Palazzo Vescovile, e dall’altro il Palazzo del Capitano del Popolo e il Palazzo del Popolo. Quest'ultimo (detto anche Palazzo del Comune) è tra i più antichi edifici pubblici italiani e fu costruito inizialmente in stile longobardo ma poi ampliato nel Duecento: presenta un porticato al pianterreno ed una corona di merli in alto, due ordini di polifore e una torre campanaria del ‘500. Unito a questo da un’ampia scalinata e risalente alla fine del XIII secolo è invece il Palazzo del Capitano: con importante facciata gotica, aperta da trifore finemente decorate e cuspidate al primo piano, e trifore con arco a tutto sesto al secondo, è anch’esso porticato al pianterreno con pilastro centrale; al primo piano si trova la Sala del Capitano, con frammenti di affreschi del XIV secolo, di fronte è il Salone del Consiglio Generale del Palazzo del Popolo. All’ultimo piano di entrambi i palazzi è il Museo Pinacoteca. Collocato in posizione opposta alla Cattedrale è quindi il Palazzo dei Priori che, fondato in stile gotico, subì vari ampliamenti durante il Trecento ed il Cinquecento: ai primi rifacimenti si devono la massiccia torre trapezoidale e un’aquila tuderte in bronzo, mentre su commissione di Papa Leone X vennero realizzate le finestre in stile rinascimentale. A lato sinistro del palazzo è Piazza Garibaldi, che offre un bell’affaccio sulla Valle del Tevere ed ospita il cinquecentesco Palazzo Atti (al suo interno varie opere d'arte). A dominio della splendida Piazza del Popolo, e posta sopra un’alta gradinata quasi a simboleggiare, al tempo della sua edificazione, la predominanza del potere vescovile, è il Duomo di Maria SS. Annunziata, insigne di architettura sacra tardo-romanica e gotica. Iniziata intorno al XI secolo e terminata nel XIV secolo, si innalza su un’ampia scalinata e presenta nella facciata una commistione tra lo stile romanico e quello gotico. È aperta da tre portali, sormontati a loro volta da rosoni, e sul fianco destro si innalza un austero campanile del Duecento. L’interno è diviso in tre navate, con una quarta più piccola aggiunta nel Trecento: nella controfacciata si ammira un affresco tardo-cinquecento raffigurante il Giudizio Universale ed un Crocifisso ligneo del Settecento; la navata destra, con volte gotiche poggianti su colonne a pianta ottagonale, si apre sulla “navatina”; in fondo, sopra l’altare, è un Crocifisso ligneo dipinto su tavola del Duecento di scuola umbra e nell’abside un coro ligneo del XVI secolo; riccamente decorata è la Cappella Cesi, con decorazioni a stucco e affresco sulla volta; dalla navata sinistra si accede infine alla cripta, con volte a crociera trecentesche. A lato del Duomo è infine il Palazzo Vescovile con portale del Vignola, mentre occupano posizioni di rilievo i Palazzi dei Cesi, potente famiglia di Todi durante i secoli XV e XVI.
Altri gioielli d'arte
Proseguendo oltre la Piazza si raggiunge Piazza Umberto I, ove si staglia la mole del Tempio di San Fortunato, che, elevato su un’irta scalinata, tende quasi a sopraffare lo stesso Duomo nel paesaggio urbano. Edificata tra il XII e il XV secolo su un preesistente edificio, la chiesa è caratterizzata dalla facciata incompiuta ma anche dal magnifico portale quattrocentesco, con arco a sesto acuto e riccamente decorato con colonnine tortili e sculture rappresentanti personaggi del Vecchio e del Nuovo Testamento, San Francesco e San Fortunato e tredici santi; fiancheggiano il portale due piccole edicole gotiche con sculture della Vergine Annunziata e l’Arcangelo Gabriele. L’interno, molto severo, è composto da tre alte navate a crociera in stile gotico, mentre nella cripta giacciono le spoglie di Jacopone da Todi; da non perdere la lunga e ripida salita all'altissima torre campanaria cuspidata di San Fortunato, ripagata da un panorama meraviglioso sui tetti della città e sulla Val Tiberina. Costeggiando l’Ex Convento, dove sono osservabili le antiche mura cittadine, e che conserva nel chiostro avanzi di affreschi trecenteschi, si giunge al Piazzale IV Novembre, grazioso parco che ospita i resti della trecentesca Rocca e da cui si ha l'ennesima magnifica vista sulla sottostante vallata, che appare come una sorta di dipinto rinascimentale; discendendo da qui attraverso i viali sottostanti, uno dei quartieri meglio conservati della cittadina dà l’accesso a Piazzale Jacopone. Imboccata poi nuovamente la via direttrice dalla Piazza del Popolo si attraversa la «Rua», la via degli speziali medievali, ed un ripido lastricato ci porta sino a Fonte Rua dove più in basso è Porta Marzia, un elegante arco medievale per il quale sono stati utilizzati blocchi romani; oltre è la via del Mercato Vecchio, caratterizzata dai cosiddetti Nicchioni romani, un’imponente sostruzione realizzata alla fine dell’età repubblicana. Se si prosegue lungo Via della Piana s’incontrano prima l’austera Chiesa di San Carlo, eretta in stile romanico, e più avanti la Fonte Scannabecco: lungo la stessa via - dove era ubicato il Teatro Romano, del quale restano pochi frammenti - si notano eleganti case medievaleggianti.
La Chiesa di Santa Maria della Consolazione
Sarebbero da menzionare numerosi altri edifici storici religiosi e civili, ma lasciamo la facoltà al visitatore di scoprirli da sé, facendo eccezione solo per un ultimo, ossia per la maestosa Chiesa di Santa Maria della Consolazione, uno dei monumenti più rappresentativi della ricchezza artistico-culturale della quieta cittadina umbra. Essa si colloca in posizione isolata rispetto al resto dell’apparato urbano, al margine sud-occidentale della cinta muraria duecentesca, posizione che le dona una rilevanza maggiore. La sua edificazione, durata esattamente un secolo, fu iniziata nei primi del ‘500 e terminata agli albori del Seicento, per celebrare il culto della Madonna della Consolazione; il progetto è stato sempre attribuito al Bramante, ma alcuni documenti indicherebbero altri maestri come suoi artefici, tra i quali il Vignola ed Ippolito Scalza. Il tempio, che rende Todi inconfondibile sin da lontano, stupisce per grazia e maestà: a croce greca con quattro absidi, tre poligonali ed una semicircolare con grande cupola centrale, ognuna di esse ha due ordini di pilastri e belle finestre di fine Cinquecento. Nella facciata si aprono tre portali, uno barocco, un altro settecentesco ed un ultimo ottocentesco, mentre gli interni, ampi e luminosi, semplici ma regali, presentano ricche decorazioni: nelle dodici nicchie delle prime tre absidi si ammirano gli Apostoli della scuola dello Scalza; sull’altare maggiore si trova infine il quattrocentesco affresco della Madonna della Consolazione, che diede origine alla chiesa.
APPUNTI DI VIAGGIO
Come arrivare:

Da Roma: Autostrada del Sole (A1), Firenze-Roma, uscita Valdichiana, proseguire per Perugia-Terni (E45) uscita Todi; oppure uscita Orvieto, e proseguire per Todi (SS448) .
Da Firenze: Autostrada del Sole (A1), Roma-Firenze, uscita Orte, proseguire per Terni-Perugia-Cesena(E45), uscita Todi.
Eventi:
Sentieri d’arte e di mense (giugno-dicembre)
Mercatino dell'antiquariato (ogni seconda domenica del mese)
Umbria music fest (25 agosto-16 settembre)
Palio dei Somari (fine agosto, 0758943395)
Todinotte (agosto)
Todi arte festival (14-23 luglio)
Rassegna antiquaria d’Italia (marzo-aprile)
Link:

martedì 24 novembre 2009

Sul Passo di Giau: la terrazza degli Dei

Un panorama d'eccezione
Situato in Provincia di Belluno, quasi al confine con il Trentino-Alto Adige, il Passo di Giau (2233 m. s. l. m.) si presenta coma un'ampia sella di pascoli aperta fra la morbida Punta di Zonia a Sud e l'aspra Gusella a Nord, avancorpo del Nuvolau. Ben noto agli sciatori veneti e trentini, questo paesaggio colpisce il visitatore che lo ammiri la prima volta per il contrasto fra la verde dolcezza dei prati e gli enormi torrioni grigi che li dominano come giganti di pietra, silenti guardiani di questo "belvedere" che pare esser stato progettato per dilettare antichi dei. Il panorama dal Passo di Giau è infatti grandioso e magnifico, forse fra i più suggestivi dell'intero arco alpino: a Nord le rupi della Gusella, il Nuvolau e l'Averau; a Nord-Est l'amena conca di Cortina d'Ampezzo sovrastata dalle Tofane, la Croda Rossa, il Pomagagnon, il Cristallo, le Tre Cime di Lavaredo, la Cima Undici e la Croda dei Toni; a Est i Lastoni di Formin e la Croda da Lago; a Sud, infine, il Col Piombin, la Punta di Zonia e gli speroni del Monte Cernera, con i gruppi della Marmolada e del Sella.
On the road fra Cortina e Selva di Cadore
Il Passo di Giau può essere raggiunto salendo dalla celebre Cortina o dal piccolo abitato di Selva di Cadore, ossia dalla splendida Valle Fiorentina. In entrambi i casi la strada procede tortuosissima offrendo panorami spettacolari, in un'atmosfera pregna di solennità. Non è esagerato dire che giunti al Passo ci si senta quasi di poter toccare il cielo con un dito, mentre il contemplare uno spazio così immenso affascina ed emoziona. Le cime circostanti, dalle forme più svariate ed ardite, si mostrano poi come veri e propri monumenti naturali, cui sia lo sguardo sia l'animo non possono che inchinarsi modesti e pensosi. Foreste di conifere ammantano invece le pendici dei rilievi, formando il più classico paesaggio alpino, e permettono un sicuro riparo nelle giornate e nelle ore più calde dell'estate, quando questi luoghi - data l'altitudine e la conformazione rocciosa del terreno - divengono piuttosto assolati.
Alla ricerca del silenzio della natura
Sul passo sono presenti alcune graziose strutture ricettive (rifugi, alberghi e ristoranti), che alimentano un notevole flusso turistico: grazie alla sua vicinanza a Cortina e ad altre rinomate località di villeggiatura, nonché al fatto di costituire un importante varco nel cuore delle Dolomiti, il Passo di Giau è molto frequentato per scampagnate e per facili passeggiate in famiglia. All'amante del silenzio e della solitudine della montagna potrebbe a primo acchito deludere quest'atmosfera molto "domestica", acuita dal fatto che nelle ore di punta il valico si presenta praticamente invaso dalle automobili; tuttavia, basta inoltrarsi di qualche centinaio di metri su uno qualsiasi dei sentieri che, quasi a raggiera, si dipanano dal parcheggio per ritrovarsi davvero soli, immersi in una natura fantastica che incute timore e rispetto. Per gli appassionati di trekking ed alpinismo è fra l'altro a disposizione il Rifugio Passo di Giau, in eccezionale situazione paesaggistica, che consente l'accesso ai difficilissimi sentieri di alta quota sul massiccio del Nuvolau.
La Riserva Naturale Monte Pelmo-Mondevàl-Passo Giau
Dal Passo si può compiere anche l'ascensione al Monte Pelmo (3169 m. s. l. m.), superba montagna non lontana da qui, e che risulta un poco nascosta dai dossi che cingono la sella: il percorso per raggiungere la cima è interessante per l'asperità degli ambienti attraversati e per un buon tratto non presenta particolari difficoltà all'escursionista esperto, ma più avanti risulta riservato agli alpinisti. L'area del Pelmo-Mondevàl-Giau è compresa in una riserva naturale integrale, che ne tutela le straordinarie peculiarità naturalistiche. Consigliabile è restare nella zona del passo fino al tramonto, quando i turisti se ne vanno, il silenzio si impadronisce dei prati e i colori del cielo si tingono di stupende tonalità, avvolgendo le ardite vette dolomitiche, spesso candide per tutto l'anno: lo sguardo allora riposa, gli occhi si riempiono e la mente torna a sognare.
APPUNTI DI VIAGGIO
Come arrivare:
Da Cortina o da Selva di Cadore
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giovedì 29 ottobre 2009

La Valsugana: natura e sapori in un Trentino ancora fuori dal turismo di massa

Uno sguardo alla valle
Stretta fra gli abitati di Pergine e Grigno, e percorsa dal Fiume Brenta, la Valsugana è uno dei principali assi di comunicazione del Trentino, in virtù della presenza di importanti infrastrutture viarie e di una collocazione geografica che la pone come crocevia naturale fra la città di Trento ed il Veneto orientale. Per chi ha negli occhi le cartoline delle più celebri valli trentine, la prima impressione della Valsugana, a vederla dalla superstrada, può non essere esaltante: il paesaggio appare piuttosto alterato nel fondovalle dai numerosi insediamenti produttivi, piccoli ma diffusi, e dalle coltivazioni in serra (meleti), che spiccano in una campagna solo a tratti ancora d'aspetto auntenticamente tradizionale. L'impatto dello sviluppo moderno, tuttavia, risulta mitigato dalle maestose montagne che stringono la lunga vallata, fino a farle assumere spesso l'aspetto di un vero e proprio canyon; sulle loro boscose pendici, poi, si notano qui e là splendidi castelli medievali dalla foggia arcana e sognante, oltre a malghe e cascine che testimoniano il vecchio insediamento agrario.
Da Borgo Valsugana a Civezzano
Cuore culturale ed artistico dell'itinerario è di certo Borgo Valsugana, un raffinato centro storico posto sulle rive del Brenta che in certi scorci ricorda le atmosfere veneziane, con i suoi ponticelli e le sue gallerie affacciate sul fiume; molto belli i palazzi del corso, che danno l'idea di una cittadina un tempo ricca ed importante; divenuto oggi polo agricolo, industriale e commerciale di discreta importanza, Borgo è dominato dal Castel Telvana, magnifico fortilizio del XIV secolo, purtroppo di proprietà privata e non visitabile; attraversando invece la piana verso Sud e inoltrandosi brevemente nei monti che cingono l'Altopiano di Asiago si può raggiungere l'appartata Val di Sella con l'interessante esperimento di "Arte Sella"; si tratta di una sorta di giardino che offre un felice connubio fra le fantasiose opere d'arte contemporanea, realizzate rigorosamente con materiali naturali, e l'ambiente circostante. Risalendo poi la Valsugana verso Trento, meritano una sosta Pergine e Civezzano, che serbano alcune chiese interessanti, mentre spicca la presenza di ben due laghi, pittorescamente paralleli l'un l'altro e separati da un crinale boscoso: il Lago di Caldonazzo (già visibile dalla superstrada) e il Lago di Levico (nelle vicinanze sono le omonime terme); simili fra loro, offrono deliziosi lungolago adatti a piacevoli e romantiche passeggiate.
Dal Tesino al Lagorai
Tornati a Borgo e poi a Castelnuovo, dirigiamoci ora in montagna, verso Nord, ed iniziamo a risalire le pendici del gruppo dolomitico del Lagorai, uno dei meno conosciuti e più integri del Trentino: meta della nostra escursione è il gelido, solitario Passo Manghen, piccolo valico a 2043 m. s. l.m. da cui si può discendere alla Val di Fiemme. Già dalla tortuosissima strada per il passo si può apprezzare la natura incontaminata del Lagorai, tra fitte foreste di conifere e pascoli ameni e verdissimi, punteggiati da antiche malghe (oggi trasformate in simpatici agriturismi) e baite più recenti utilizzate per la villeggiatura. Giunti al Manghen (ove sorge un rifugio-risorante, bordato da un grazioso specchio d'acqua) c'è la possibilità di percorrere svariati sentieri a piedi, alcuni però adatti soltanto a chi possiede una "buona gamba": ai meno esperti si consiglia quello che conduce in tre quarti d'ora circa al Laghetto delle Buse, in un suggestivo scenario alpestre. Tornati nel fondovalle per la stessa strada, si procede fino a Strigno, villaggio dominato da uno slanciato campanile nonché dalla mole del Monte Lefre, postazione militare nella Prima Guerra Mondiale; tutt'intorno sorgono minuscoli Comuni dalle case vivacemente intonacate (Samone, Villa Agnedo, Spera, Scurelle, Ivano Fracena con il fiabesco Castel Ivano) che formano insieme una sorta di curiosa "città diffusa" alpina. Si ricomincia quindi a salire fino a superare Bieno e a guadagnare la verdissima Conca del Tesino, con i pittoreschi paesi di Pieve (patria dello statista Alcide De Gasperi) e Castel Tesino, entrambi frequentati per le vacanze estive.
La Val Malene e la Cima d'Asta
Oltrepassato il vasto e ondulato altopiano, si continua in direzione del Passo Brocon, attraverso un paesaggio fitto di foreste. Si incontra ad un certo punto il bivio per la Val Malene, segnalata da un cartello turistico: si tratta di un luogo magico e segreto, solcato da un limpido fiumiciattolo, il Grigno, e attrezzato con alcuni ristoranti-rifugi; nelle vicinanze è inoltre il parcheggio che dà accesso al sentiero per la Cima d'Asta (2883 m.), da non perdere per gli appassionati di trekking: il percorso conduce ad uno degli angoli neno noti delle Dolomiti, e per questo ancor più affascinante per chi è alla ricerca di autentica wilderness; la vetta di questo magnifico massiccio - che offre un grandioso panorama - è alla portata esclusivamente di escursionisti esperti ed allenati ma non è riservata agli alpinisti, il che ne fa una meta stupenda (agosto-settembre i mesi più indicati) per chi cerca una sana e lunga sgambata senza i rischi di altre scalate dolomitiche; alla portata di molti è invece l'omonimo, incantevole laghetto ai piedi della montagna, nei cui pressi è un accogliente rifugio aperto durante l'estate. Ad ogni modo, il sentiero per il laghetto ed eventualmente per la Cima d'Asta è una vera e propria galleria di splendori paesaggistici: a cominciare dal Grigno, torrente qui ancora impetuoso che a tratti forma rapide e cascate e che accompagna l'intera escursione; impressionanti, d'altro canto, le vedute man mano più ravvicinate degli spettacolari e tormentati bastioni rocciosi della Cima d'Asta. Riscendendo per la via dell'andata, una deviazione permette infine di visitare l'incantevole Lago di Costa Brunella, uno dei laghi in quota più profondi (60 m.) d'Europa.
Verso il Passo Brocon
Ripresa la Strada Provinciale dal bivio per la Val Malene, proseguiamo ora per il Passo Brocon che ci accoglie con ampie praterie un poco rovinate dagli impianti sciistici e da alcuni alti parafulmini, ottimo punto di partenza, comunque, per indimenticabili escursioni. Da qui, salendo ad uno dei vari poggi che circondano il passo, si può godere un panorama mozzafiato sulle Dolomiti di Primiero e San Martino di Castrozza, raggiungibili per una stradina con mille curve che si inoltra nelle antiche terre dei Ladini. Ma quella è un'altra storia: un ultimo saluto al Brocon, dunque, e torniamo in Valsugana all'altezza di Strigno, sazi di questi luoghi bellissimi e ancora al di fuori del turismo di massa e di facili stereotipi.
La Valsugana a tavola
Ma uno "stereotipo" ce lo possiamo permettere, e cioè la famosa "polenta valsuganotta", che ha reso questa valle famosa in tutta Italia. A dire il vero, la ricetta originale è tutt’oggi segreto delle massaie, ma nei locali pubblici viene servita nei modi più diversi: col ragù, con i funghi, con il formaggio o con la carne di cervo, la scelta è molto ampia. Del resto, questa valle ha dalla sua un’enogastronomia esemplare delle tradizioni trentine: accanto alla polenta compaiono i famosi “spatzle” (gnocchetti verdi agli spinaci), i canederli ripieni, o ancora il risotto al Teroldego (vino rosso doc del Basso Trentino) con fonduta di gorgonzola. In ogni caso, la ristorazione della zona è sostanziosa e mediamente meno cara rispetto alle valli più turistiche: insomma, la classica speranza di "mangiar bene e spender poco" è nella Valsugana ancora un qualcosa di realistico, grazie alla genuinità dei suoi paesi e all'ospitalità dei suoi abitanti.
APPUNTI DI VIAGGIO
Come arrivare:
Da Nord, seguire da Trento o Bolzano le indicazioni per Bassano del Grappa, imboccando così la superstrada che attraversa l'intera Valsugana. Da Verona, seguire le indicazioni per Trento e poi procedere come sopra. Da Padova, raggiungere Bassano del Grappa e poi seguire le indicazioni per Trento.
Link:

mercoledì 9 settembre 2009

San Gimignano, sogno di Medioevo fra i vigneti del Chianti

Torri e potere nell'Età Comunale
Situata nell'ubertosa Val d’Elsa, fra vigne ed uliveti, San Gimignano è una delle cittadine d’epoca comunale più affascinanti della Toscana e d’Italia. Di origine ancora oscura ma sicuramente etrusca, se ne hanno notizie soltanto a partire dal X secolo d. C., quale borgo situato sul tratto tra Pisa e Siena della Via Francigena. Il nome della città deriverebbe da un misterioso vescovo modenese che qui visse nel IV secolo, e al quale sono legati racconti popolari di eventi miracolosi ed una macabra leggenda alto-medievale. Straordinario il centro storico, rimasto pressoché inalterato nei secoli e caratterizzato da case-torri ed eleganti edifici. San Gimignano è infatti celebre per lo scenografico effetto dato dall’insieme delle sue numerose e possenti torri, che raccontano eloquentemente la movimentata storia dei suoi abitanti: furono costruite per motivi difensivi dalle maggiori famiglie del luogo, spesso divise da guerre fratricide per la supremazia sul paese. Le torri, del resto, rappresentavano lo status sociale dei loro proprietari: la loro altezza era proporzionale al potere della famiglia, e quando una casata veniva sconfitta, la sua torre veniva mozzata (o "capitozzata").
Benvenuti nel Medioevo
Appena varcata la duecentesca Porta San Giovanni, con arco ribassato di tipo senese, che costituisce l’ingresso principale al cuore della cittadina, il visitatore si trova immediatamente immerso in una rarefatta atmosfera medievale. Dapprima si percorre in salita la stretta Via San Giovanni, spina dell’omonima contrada (che ricalca, con Via San Matteo, il tragitto della Via Francigena), ove gli alti e austeri edifici che la bordano paiono quasi “proteggerla”. Oltrepassato poi l’Arco dei Becci, si sfocia sulla spettacolare Piazza della Cisterna, che, assieme alla vicina Piazza del Duomo, costituisce il fulcro urbanistico di San Gimignano. Di forma triangolare, ospita una bella Cisterna, costruita nel XIII secolo, e vi si affacciano magnifici palazzetti due-trecenteschi, tra cui vanno citati almeno la Casa Silvestrini, il Palazzo dei Cortesi con la cosiddetta Torre del Diavolo e il Palazzo Tortoli-Treccani con la Torre Mozza, mentre sul lato occidentale spiccano le due gemelle Torri degli Ardinghelli.
Il Duomo di Santa Maria Assunta
Da Piazza della Cisterna un passaggio ad angolo conduce all’altrettanto suggestiva Piazza del Duomo, ove l’atmosfera si tinge dei colori delle antiche fiabe e non si può non rimanere incantati. Qui sono situati gli edifici civili e religiosi più improntanti della cittadina, fra cui spicca la Collegiata (o Duomo) dell’Assunta, che domina, dall’alto di un’ampia scalinata, il lato occidentale della piazza. Edificato nell’XI secolo in stile romanico, il complesso sacro subì una prima ristrutturazione nel 1239, ed un ampliamento nel 1460 ad opera di Giuliano da Maiano. La facciata (il cui orientamento fu capovolto durante le modifiche duecentesche) ha aspetto austero e privo d’ornamenti, quasi in contrasto con lo sfarzo degli edifici vicini. L’interno, a tre navate, è invece caratterizzato da numerosi affreschi e importanti dipinti: lungo le pareti della navata sinistra si ammira un ciclo trecentesco, realizzato da Bartolo di Fredi, che descrive il Vecchio Testamento; sulla controfacciata sono il suggestivo Giudizio Universale di Taddeo di Bartolo, sempre trecentesco, e al di sotto un affresco di Benozzo Bozzoli che rappresenta il Martirio di San Sebastiano; nella parete della navata destra si trova poi la raffigurazione del Nuovo Testamento, eseguita negli anni Trenta del XIV secolo dai fratelli Lippo e Federico Memmi; infine, l’adiacente Cappella di Santa Fina, opera di Giuliano e Benedetto da Maiano, costituisce un notevole esempio del Rinascimento toscano, con magnifici affreschi quattrocenteschi del Ghirlandaio.
Il Palazzo del Popolo e i panorami della Torre Grossa
Sempre su Piazza del Duomo prospettano poi il Palazzo del Podestà, con l’alta Torre Rognosa (52 metri), le due gemelle Torri Salvucci e lo splendido Palazzo del Popolo. Sede del Comune e del Museo Civico, il Palazzo del Popolo (chiamato anche Palazzo Nuovo del Podestà) venne costruito alla fine del Duecento ed ampliato nel secolo successivo. La facciata si mostra coronata da merli guelfi ed aperta da eleganti finestre ad archi ribassati. All’interno spicca innanzitutto la cosiddetta Sala di Dante, affrescata dal Memmi, dal Fredi, dal Gozzoli e dall’Azzo, che custodisce la memoria del passaggio del “sommo poeta” come diplomatico. Degne di nota sono anche la Sala delle Adunanze Segrete, la Sala della Torre e la Sala della Trinità, mentre nella Pinacoteca si conservano dipinti di scuola senese e fiorentina. Sulla destra della sua facciata del Palazzo si erge infine la maestosa Torre Grossa, alta 54 metri, dalla cui sommità della Torre Grossa si gode un magnifico panorama in tutte le direzioni, sia sull’antico abitato con i suoi tetti e le sue torri, sia sull'incantevole campagna circostante.
Altri splendori
Accanto alle Torri Salvucci è il passaggio per la pittoresca Via San Matteo, sulla quale prospettano altri edifici risalenti ai secoli XIII e XIV: tra essi ricordiamo il Palazzo della Cancelleria, la Casa-torre Pesciolini e la romanica Chiesa di San Bartolo. Dalla Porta San Matteo una deviazione conduce invece alla Piazza Sant’Agostino, in cui si trovano la Chiesa di Sant’Agostino, eretta nel Duecento e ricca di opere d’arte, e, poco distante, la piccola romanica Chiesa di San Pietro. Altre mete interessanti sono la Chiesetta di San Jacopo, che conserva tracce della presenza dei Templari, le antiche fonti, poco esterne all’abitato e risalenti a varie epoche, e le rovine della trecentesca Rocca di Montestaffoli, da cui si gode di un bel panorama sulle torri e sul borgo di San Gimignano.
Non solo arte...
San Gimignano è uno dei luoghi d'elezione del turismo enogastronomico in Italia: immersa nel verde del Chianti e non lontana dalla Valdorcia, la cittadina risente felicemente di straordinarie tradizioni culinarie ed enologiche. Nei pittoreschi (e talvolta elegantissimi) ristoranti del centro storico, spesso ricavati da antichi ambienti con travi in legno e pietra a vista, è possibile gustare tutti i piatti tipici locali, fra cui..... Ottimo ovviamente il vino della zona,...
APPUNTI DI VIAGGIO
Come arrivare:

da Nord: percorrere l’autostrada A1, Milano-Roma, direzione Sud, uscita Firenze Certosa poi raccordo autostradale Firenze-Siena in direzione Siena con uscita Poggibonsi Nord, infine seguire le indicazioni per San Gimignano. Da Sud: percorrere l’autostrada A1, Roma-Milano, uscita Valdichiana, indicazioni per Siena, poi raccordo autostradale Siena-Firenze, direzione Firenze e uscire a Poggibonsi Nord; infine seguire le indicazioni per San Gimignano.
Eventi:
- Ferie delle messi (terzo sabato e domenica di giugno)
- Accademia dei Leggieri - concerti di musica classica (estate)
- Film Festival (estate)
- Festa di Santa Fina (agosto)
- Festa del Vescovo Gimignano (31 gennaio)
Link:

www.sangimignano.com

martedì 8 settembre 2009

Alba, scrigno d'arte nel cuore delle Langhe

Terre del buon vivere
Alba sorge nel cuore delle Langhe, un territorio magnifico, di spiccato carattere rurale, in cui l'opera dell'uomo coesiste in mirabile equilibrio con l'ambiente naturale. Un suggestivo “paesaggio medievale” fatto di immensi vigneti, punteggiati da borghi, cascine, ville, torri e castelli, che per la sua straordinarietà è attualmente candidato al riconoscimento, da parte dell'Unesco, quale "patrimonio dell'Umanità". Amene colline in cui vissero ed operarono - ispirati dalla bellezza dei luoghi - intellettuali, artisti e scrittori, come ad esempio Beppe Fenoglio e Cesare Pavese, e che oggi continuano ad attirare il turista alla ricerca di paesaggi autentici, oltre che del buon vino.
Le remote origini, la dominazione romana e le invasioni barbariche
Con le sue austere e numerose torri, che svettano sull'abitato e lo caratterizzano sin da lontano, Alba appare al visitatore come un gioiello d'architettura incastonato nel verde delle Langhe. Se il Medioevo, il Rinascimento e il Barocco hanno conformato l'aspetto attuale di questa nobile ed aristocratica cittadina d'arte, tra le più interessanti del Piemonte, essa, tuttavia, nasconde una storia antichissima, risalente addirittura al Neolitico. Fu in quel tempo remoto che si insediò nella Valle del Tanaro una popolazione in precedenza nomade, forse di provenienza celtica, la quale nei secoli successivi finì col diversificarsi in varie etnie. Iniziò a delinearsi dunque il popolo degli Albesi, cui in seguito, nel V sec. a. C., si unì un gruppo di Galli invasori. Nel II sec. a. C. venne poi la dominazione romana, che lasciò comunque al municipium una certa indipendenza amministrativa: il villaggio prese allora il nome di Alba Pompeia, si ingrandì, fu munito di possenti mura poligonali e conobbe un notevole sviluppo economico e commerciale. Con la caduta dell'Impero Romano, Alba fu soggetta alle dure invasioni barbariche di Visigoti, Burgundi, Franchi e Longobardi, mentre, a cavallo del V sec. d. C., la città subiva un sostanziale rinnovamento, con la distruzione dei templi pagani e l'edificazione delle prime chiese cristiane. La rinascita e la costituzione del libero comune arrivarono solo nel X sec., allorquando Alba riprese a svilupparsi e ad espandersi, e più tardi fu fedele all'imperatore Federico Barbarossa, il quale l'avrebbe ripagata con ingenti benefici: in questo periodo fu quindi un ulteriore rinnovamento generale del tessuto urbano, che si arricchì di edifici sia civili che sacri.
Dal Basso Medioevo ai giorni nostri
La successiva storia di Alba, per tutto il basso Medioevo e sino agli albori dell'Età Moderna, fu segnata da molte disgrazie, fra guerre continue (divenne possedimento dei Savoia), terremoti e pestilenze, sino ad arrivare all'epoca della Campagna in Italia di Napoleone Bonaparte, che qui, il 28 aprile 1796, fece sventolare il primo tricolore italiano, composto dai colori rosso, blu e arancio, oggi adottati dal gonfalone della Regione Piemonte. Ma si trattò di una mera illusione, poiché la dominazione francese, lungi dal portare libertà, significò una fase di vessazioni economiche per gli Albesi, cui dobbiamo aggiungere il danneggiamento di monumenti e il furto di opere d'arte. In tempi più recenti, nel corso della Seconda Guerra Mondiale Alba fu al centro delle operazioni belliche nonché di una strenua resistenza partigiana. Dal Dopoguerra ad oggi, l'abitato di Alba ha visto un notevole sviluppo urbanistico, che ha in parte alterato il rapporto fra centro storico e campagna, ma tutto sommato la cittadina è rimasta piuttosto compatta, chiusa da dolci rilievi collinari.
Uno scrigno d'arte: le torri e il Duomo
A leggerla dai suoi monumenti la lunga storia di Alba si riflette soprattutto nell’arte medioevale, rinascimentale e barocca: ai secoli XIV e XV risalgono le torri che tuttora dominano la cittadina e che in passato dovettero essere assai più numerose (la tradizione vuole che ve ne fossero 100!). Oggi se ne sono conservate venti, per lo più abbassate e adattate alle abitazioni: fra tutte, le tre più integre ed interessanti sono visibili da Piazza Duomo: Torre Sineo, Torre Paruzza e Torre Astesiano. Per il resto il centro storico, che colpisce per eleganza e compostezza e per gli immancabili mattoncini rossi, è un armonico e raffinato mosaico di palazzetti cinque-sei-settecenteschi e serba molte e pregevoli chiese, fra cui innanzitutto la splendida e suggestiva Cattedrale di San Lorenzo: costruita probabilmente sui resti di un tempio romano, la chiesa vide due rimaneggiamenti architettonici essenziali, l'uno romanico e l'altro nel 1486, anche se nel Seicento, dopo una rovinosa scossa tellurica, essa subì una generale ristrutturazione; una curiosità è il campanile duecentesco, che ha inglobato interamente il campanile preesistente; bellissimo il coro ligneo cinquecentesco.
La Chiesa di San Domenico
Altro monumento degno di nota è la Chiesa di San Domenico, eretta dai domenicani nel XIII sec. e rimaneggiata fra Seicento e Settecento; durante l'invasione francese, i napoleonidi, come da loro empia consuetudine, la utilizzarono come stalla per cavalli e la chiesa fu riaperta al culto soltanto nel 1827. L'edificio conserva comunque il severo abito gotico originario, con un portale che presenta una profonda strombatura di colonnine in arenaria, mentre nella lunetta è un dipinto che ritrae la Madonna con il Bambino tra San Domenico e Santa Caterina da Siena. Davvero notevoli poi l'abside semi-decagonale e, all'interno, i capitelli dei pilastri, diversi fra loro per forma e dimensione.
Altri piccoli gioielli
Non ultima, merita una menzione speciale la Chiesa di San Giuseppe, situata nel borgo di San Lorenzo: innalzato nel Seicento e completato nel secolo successivo, si tratta di un edificio piuttosto semplice e massiccio ma con una graziosa facciata barocca. Caratterizzata dalle numerose cappelle e da un prezioso coro in noce del XII secolo, la Chiesa di San Giuseppe è importante soprattutto perché custodisce le tracce dell'antico passato di Alba: al di sotto della chiesa attuale, infatti, si può compiere un percorso archeologico che si inoltra nei resti di strutture romane. Tra gli altri edifici sacri, ricordiamo infine l'Ex Convento della Maddalena, con un grande porticato interno, il Tempio di San Paolo e la Chiesa di San Giovanni. Passando invece ai monumenti civili, vanno citati almeno il Teatro Sociale, il pittoresco Palazzo Comunale, il Palazzo Vescovile, il Palazzo dei Conti di Serralunga, il palazzo gentilizio detto Casa Porro e l’austera e più antica Casa Marro. Alba offre infine la visita del Museo civico archeologico e di scienze naturali "Federico Eusebio", sito in Via Vittorio Emanuele: l'esposizione si suddivide in due sezioni, l’una archeologica l’altra naturalistica, impostate sulla documentazione e sullo studio del territorio di Alba e dintorni, con particolare attenzione all’era preistorica.
Enogastronomia di alta qualità
Sempre su Via Vittorio Emanuele, corso principale di Alba, si aprono le caratteristiche botteghe con i prodotti tipici, in primis vino, cioccolata e tartufo. Del resto, Alba è sì una cittadina pregna d’arte e storia, ma allo stesso tempo è l'epicentro di una pregiatissima produzione agricola. Dal punto di vista eno-gastronomico, accanto ai celebri vini, spicca una grande specialità locale, vale a dire il tartufo bianco, alla quale è dedicata una lunga fiera, che ha il suo cuore nella sfilata dei carri allegorici. Come tutti gli intenditori sanno bene, però, i docg Barolo, Barbaresco e Roero sono i gioielli della produzione vitivinicola locale, che ha disegnato nel tempo un paesaggio agrario tra i più splendidi d'Italia.
APPUNTI DI VIAGGIO
Come arrivare:
E74 direzione Asti e poi Alba
Eventi:
Agribiofiera (novembre)
Palio degli Asini (ottobre)
Link:

lunedì 7 settembre 2009

Il Parco Naturale dei Monti Aurunci, uno scrigno di natura a due passi dal mare più bello del Lazio

Un ambiente ricco e complesso
Situati ai confini con la Campania, fra le province di Latina e Frosinone, i Monti Aurunci sono un gruppo montuoso appartenente alla catena dell'Anti-Appennino meridionale laziale, che comprende anche i Monti Lepini ed Ausoni. L'ambiente non si differenzia in modo sostanziale da quello del resto della catena, presentandosi fortemente carsificato, con inghiottitoi, grotte, doline, campi solcati. Il paesaggio invece mostra una morfologia molto più aspra e accidentata (che vede la presenza di pareti rocciose, talvolta spettacolari, come quelle del Redentore e del Fàmmera) e si contraddistingue per la notevole vicinanza al mare; i Monti Aurunci, infatti, incombono con selvaggi valloni sul litorale di Formia, Scauri e Gaeta, mentre verso Sperlonga, assieme ai contigui Ausoni si gettano, con una lunga propaggine collinare, in un mare cristallino e multicolore con scogliere stupende e piccoli promontori. Anche dal punto di vista vegetazionale il paesaggio degli Aurunci si presenta variegato, con caratteristiche quasi opposte sui due versanti del gruppo: brullo e cespuglioso sul versante marittimo, fresco e boscoso nelle aree più interne e in buona parte del versante ciociaro (in particolare fra il Trina e il Rèvole, fra il Petrella e il Fàmmera, e nella zona del Monte Faggeto). Querceti e faggete, anche d'alto fusto, spiccano nella flora degli Aurunci, celebre per la straordinaria ricchezza botanica, che annovera innumerevoli esemplari di orchidee ed altre specie floreali rare (fra cui l'Orphys Promontorii e l'Ophrys Lacaitae che fioriscono rispettivamente a maggio e giugno). Meno varia la fauna relativa ai mammiferi, decimata dalla caccia e dal bracconaggio, fenomeni non del tutto sopiti nemmeno dopo l'istituzione del Parco Regionale dei Monti Aurunci, avvenuta nel 1997; abbondano però i rapaci, fra cui segnaliamo il biancone e il falco pellegrino.
Uomo e natura nei secoli, fra tradizioni e prodotti tipici
Gli Aurunci sono montagne selvagge e solitarie, in cui l'uomo spesso pare non essersi mai insediato. E invece, i numerosi ruderi di masserie, stazzi, casolari e cisterne, i terrazzamenti ben curati in collina e abbandonati a monte rammentano di una civilizzazione risalente ad epoche arcaiche, poi al periodo romano e infine al Medioevo, che vide la nascita dei borghi fortificati, conventi e eremi, come quello di San Michele sul Monte Redentore, tutt'oggi venerato e raggiunto da una pittoresca processione da Maranola, sopra Formia. Gli Aurunci, del resto, come altre aree del Lazio meridionale, custodiscono tradizioni e racconti popolari di grande fascino, che lasciano trapelare un antico e profondo legame col territorio: suggestiva, ad esempio, è la leggenda della Fossa Juanna, profonda dolina ove si radunerebbero le streghe aurunche. Questo retaggio si rivela oggi nelle tradizionali attività di pastorizia, ancora praticate sugli altopiani di Esperia (ove è da rilevare pure l'allevamento di una razza equina autoctona, il "cavallino d'Esperia", appunto). Uno dei prodotti tipici più noti degli Aurunci è del resto la marzolina, un formaggio primaverile di latte caprino, mentre dal punto di vista strettamente agricolo mantiene grande importanza la coltura dell'olivo, in particolare per la produzione di olive da tavola (le cosiddette "olive nere di Gaeta", prodotte in realtà per lo più intorno ad Itri). Numerosi i paesi, tutti di vetusta origine, ma raramente conservatisi integri: fanno eccezione Esperia, affascinante borgo arroccato e dominato dalle rovine della medievale Rocca Guglielma, Ausonia, compatto amalgama di grigie case anch'esse culminanti in una fortezza, e Campodimele, noto come il "paese della longevità" per i suoi abitanti ultracentenari. Ai piedi del massiccio è infine Gaeta, città portuale dal fascino mediterraneo, fra le più interessanti del Lazio meridionale.
Sentieri da non perdere
Già da anni frequentati dai botanici e dagli speleologi, i Monti Aurunci sono negli ultimi tempi (grazie all'istituzione del parco) sempre più apprezzati dagli escursionisti per la bellezza straordinaria dei loro sentieri. In primis la classica salita alla Grotta-Eremo di San Michele e alla cima del Monte Redentore con la sua statua ed il suo vastissimo panorama, comprendente la costa dal Vesuvio al Circeo. Altre splendide scalate raggiungono i monti Revole, Ruazzo e Fammera, mentre i verdi altopiani sono mete perfette per piacevoli e rilassanti passeggiate. Insomma, un territorio che offre infinite possibilità di plein air, ma ancora poco conosciuto. Che peccato non approfittarne!
APPUNTI DI VIAGGIO
Come arrivare:
SS Pontina e SS Flacca, poi indicazioni per il Parco Regionale dei Monti Aurunci.
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